Qual è l’elemento chiave che connette due importanti e troppo spesso sottovalutate patologie, ossia la parodontite e l’osteoporosi? La vitamina D.
Osteoporosi e malattia parodontale sono fortemente correlate, perché i denti si trovano nell’osso della mascella e della mandibola e hanno dunque una marcata connessione con l’apparato scheletrico. Proprio per questo, è essenziale per il parodontologo analizzare anche lo stato di salute delle ossa sin dal momento della diagnosi o dell’assessment delle condizioni della bocca di ciascun paziente.
La parodontite è da considerarsi come una patologia multifattoriale che, come è noto, se non trattata adeguatamente porta a una degenerazione delle strutture di sostegno del dente, provocandone la caduta. Tra questi tessuti di sostegno è incluso anche l’osso alveolare.
La vitamina D è invece un ormone fondamentale nello sviluppo e nel mantenimento del tessuto osseo di tutto l’organismo, così come nella salute dell’apparato cardiovascolare e nel corretto funzionamento del sistema immunitario. È dunque facile comprendere che una carenza o addirittura una deficienza di questa vitamina abbia conseguenze molto severe su tutto il corpo: non soltanto porta a una maggiore suscettibilità alle infezioni, ma anche a un indebolimento di tutte le ossa, incluse quelle mascellari, che finiscono col demineralizzarsi favorendo la progressione e degenerazione della malattia parodontale.
La vitamina D viene prodotta per circa l’80% dall’esposizione della pelle ai raggi solari e, per il restante 20%, dall’assunzione di specifici alimenti che la contengono. Tra questi, i più noti includono:
- Olio di fegato di merluzzo
- Pesci grassi
- Burro
- Tuorlo d’uovo
- Funghi
- Fegato
Nel caso di severa e persistente infiammazione gengivale, tra i primissimi indicatori della presenza di parodontite, la carenza di vitamina D può essere un fattore che provoca l’aggravamento della condizione. Al contempo, non assumere sufficiente vitamina D danneggia le ossa e favorisce la degenerazione della piorrea. Si tratta dunque di un circolo vizioso, che può essere interrotto solamente prestando la massima attenzione alla produzione corretta e adeguata di questo importante ormone.
Il Dottor Francesco Martelli, fondatore delle sedi IMI-EDN, e il suo team hanno in questo senso condotto una ricerca sulle variazioni nel gene che codifica il recettore cellulare della vitamina D, e che è stata pubblicata sulla rivista scientifica “Archives of Oral Biology”. I nostri esperti hanno >identificato il genotipo correlato a un aumento del rischio di sviluppo di parodontite. I risultati dello studio evidenziano una marcata correlazione tra l’alterazione di questo recettore – che si manifesta in omozigosi in circa il 20 per cento della popolazione – associato a bassi livelli sierici di vitamina D, e lo sviluppo della malattia parodontale. In termini più pratici, quanto il recettore cellulare per la vitamina D si altera, la sua efficienza si indebolisce e il risultato è un incremento della demineralizzazione delle ossa di tutto l’organismo, incluse quelle mascellari.
Ecco quindi che si rivela vitale lo studio approfondito e sistematico, da parte del parodontologo o dell’odontoiatra, del metabolismo della vitamina D. In questo modo, sarà possibile effettuare una diagnosi parallela del rischio di osteoporosi anche con molti anni di anticipo. Il paziente che presenta criticità legate alla parodontite o alla perimplantite spesso necessita infatti anche di interventi di aumento volumetrico dell’osso, molto tempo prima che l’effettiva osteoporosi venga diagnosticata.
Un approccio olistico e congiunto permette dunque di anticipare, correggere, prevenire e risolvere in modo mirato ed efficace due delle più subdole e pericolose malattie che affliggono, in silenzio, moltissime persone in modo trasversale.